Una nuova teoria sull'origine delle grandi depressioni sparse per il paesaggio marziano settentrionali potrebbe aggiungere nuovi indizi sull'esistenza di un antico oceano che un tempo ricopriva gran parte del Pianeta Rosso.
Forse un tempo su Marte c’era acqua in abbondanza, tanto da esistere un unico grande oceano che copriva gran parte della sua superficie.
Questa ipotesi è stata a lungo dibattuta dai planetologi che studiano il Pianeta Rosso da diversi decenni.
A portare nuova linfa alla teoria c’è uno studio pubblicato sulla rivista Geological Society of America Journal realizzato da Lorena Moscardelli, geologa presso l’Università del Texas.
Lo studio suggerisce che i massi presenti nelle grandi depressioni presenti nella parte settentrionale di Marte presentano caratteristiche che fanno pensare che siano stati trascinati da frane avvenute sul fondo di un oceano.
Questo fenomeno è stato osservato inizialmente sulla Terra. Ad esempio, i grandi blocchi di arenaria conosciute con il nome di Jackfork Group sono ciò che rimane di quello che una volta fu un bacino oceanico nel centro-sud dell’Arkansas.
Nel suo studio, la Moscardelli contesta la teoria alternativa secondo cui i massi presenti su Marte sarebbero stati depositati dai meteoritici, in quanto in alcune zone non vi sono tracce di impatti del genere.
“Certamente l’ipotesi meteoritica può spiegare la presenza di alcuni dei massi osservati nelle pianure settentrionali di Marte, in particolare quelli in prossimità di crateri da impatto. Tuttavia, non basta a spiegare il meccanismo globale che ha causato l’ampia distribuzione di massi in queste regione”, scrive la geologa.
Secondo alcuni ricercatori non coinvolti nello studio, la teoria della Moscardelli può essere utilizzata nel contesto delle prove a sostegno dell’antica presenza di un oceano marziano, e non semplicemente come prova singola.
Nel luglio 2013, i ricercatori del Caltech pubblicarono quella che a loro parere potrebbe essere la prova più convincente della presenza di un oceano marziano. Studiando il letto di un fiume dell’emisfero nord con dettagliate strumentazioni di mappatura topografica, i ricercatori hanno concluso che esso probabilmente alimentava un delta, sfociando nell’ipotetico oceano.
Un delta, infatti, si forma quando l’acqua scorre in un bacino permanente pieno di acqua, come un oceano o un lago. Tuttavia, in molti avevano pensato che il delta alimentasse semplicemente un cratere o qualche altro tipo di depressione minore, tipo un lago, certamente non un oceano.
Ma lo studio della dottoressa Moscardelli costringe a riorientare le opinioni verso una plausibilità dell’esistenza dell’oceano marziano. A sostegno delle sue teorie, la ricercatrice ha anche citato studi precedenti che hanno rivelato che i depositi rocciosi intorno al vulcano marziano Olympus sono la prova di frane sottomarine, un fenomeno simile osservato anche sulle Isole Hawaii.
“Se la conclusione è esatta, essa implica che il volume totale che occupava le pianure era pari a circa 350 milioni di km³”, scrive la ricercatrice. Per fare un confronto, secondo fonti della US National Oceanic and Atmospheric Administration, l’Oceano Atlantico occupa un volume pari a 310 milioni di km³.
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