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domenica 2 marzo 2014

Energia elettrica: i batteri elettricisti la trasformano dai rifiuti

fiori energia












Produrre energia elettrica o biocarburanti dai rifiuti tramite batteri. È l'intuizione di Rse, Ricerca sul Sistema Energetico, una società che svolge attività di ricerca nel settore elettro-energetico e che, insieme con i ricercatori dell'Università di Milano, sta sperimentando l'esercito dei "batteri elettricisti".
Grazie a loro, tutto, dalle acque di un depuratore a un mazzo di fiori a un prato, può esseretrasformato in un generatore di corrente, perché proprio loro, i batteri elettricisti, sono in grado di produrre energia elettrica degradando le sostanze organiche disciolte in acqua o nel terreno. Un vero e proprio sistema bio-tech in fase di sperimentazione che rientra nell'ambito del progetto "Luce Bioelettrica", promosso dalla Regione Lombardia e dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur).
La sperimentazione si sta svolgendo nel depuratore di Milano Nosedo, dove i ricercatori di Rse, coordinati dalla responsabile scientifica del progetto Pierangela Cristiani, seguono lo sviluppo di celle biocombustibili nelle quali i batteri elettricisti producono energia elettrica consumando le sostanze organiche che sono sciolte nell'acqua o nel terreno. I batteri fanno fermentare la sostanza organica e gli elettroni che derivano dai processi di ossidazione vengono trasferiti mediante un corto circuito tra metallo e componente biologica che consente di realizzare pile a combustibile microbiche.
In pratica, quello che fanno i batteri altro non è che catalizzare le reazioni di ossidazione del combustibile e quindi il passaggio di elettroni dall'anodo al catodo. E il bello è che i prototipi dicelle a combustibile microbiche realizzati a Nosedo sono in grado di ripulire le acque in maniera efficiente e generare l'energia necessaria al funzionamento del depuratore.
''L'abilità dei batteri nel fermentare la sostanza organica in prodotti utili per l'alimentazione umana è cosa nota da millenni - spiega Pierangela Cristiani di Rse - ma solo in questi ultimi anni si è scoperta la possibilità di trasferire direttamente gli elettroni derivanti dai processi ossidativi della materia organica tramite una sorta di cortocircuito tra metallo e componente biologica".
Il metodo potrebbe essere industrializzabile nel medio periodo e potrebbe consentire di produrre energia elettrica o biocarburanti dai rifiuti civili e industriali, dagli scarti agricoli o dalla decomposizione di biomasse.
Per il futuro, i ricercatori mirano alla seconda fase della sperimentazione che si svolgerà nel lago di Idro nel bresciano, dove la presenza di microinquinanti naturali (come il manganese derivato dall'acidificazione delle rocce operata dai batteri nelle acque profonde) potrebbe consentire di avviare la produzione di energia e di prevenire nello stesso tempo l'inquinamento, trasformando il lago una enorme "pila" naturale.
E nelle prospettive degli esperti c'è anche lo spazio: tra le applicazioni future, infatti, ci potrebbe anche essere la produzione di pile a combustibile in quegli ambienti e situazioni, come ad esempio una stazione spaziale, dove un sistema di riciclo "elettrico" dei rifiuti prodotti presenta solo vantaggi.
Germana Carillo

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