Nel suo libro intitolato “La barriera magnetica”, Ferlini narra come, nel corso di ricerche, si sia casualmente accorto di uno strano fenomeno visivo generato da due magneti permanenti che interagivano. Disponendo due calamite a forma di cavallo, in modo che i poli opposti si attirino, se si avvicinano molto lentamente, si addiviene ad un punto critico d’attrazione. Qualche istante prima la forza d’attrazione è piccola ma con un ulteriore piccolo movimento di avvicinamento la forza attrattiva cresce in modo molto forte. Quando ciò accade, Ferlini notò che nella zona centrale di collegamento tra le due calamite, la visione dello spazio perdeva di trasparenza e si deformava leggermente come se ci fosse una lente. A suo dire anche altre persone, con un po’ d’esercizio, riuscirono a notare tale anomalia.
A questo punto egli provò a disporre quattro potenti magneti permanenti in acciaio, in una disposizione a croce. Con opportuno sistema di leve era in grado far avvicinare micrometricamente le calamite. Arrivati nella zona critica le calamite incominciarono a vibrare violentemente, avvicinando ulteriormente di pochissimo, si cominciò a formare una nebbiolina azzurra e nell’aria si sparse un odore di ozono.
A questo punto egli provò a disporre quattro potenti magneti permanenti in acciaio, in una disposizione a croce. Con opportuno sistema di leve era in grado far avvicinare micrometricamente le calamite. Arrivati nella zona critica le calamite incominciarono a vibrare violentemente, avvicinando ulteriormente di pochissimo, si cominciò a formare una nebbiolina azzurra e nell’aria si sparse un odore di ozono.
Una misteriosa nebbia!!
Ripetendo tale esperimento in grande con potenti magneti del peso di svariati quintali, il fenomeno si ripeté. Questa volta, a causa di un incidente, lo stesso Ferlini venne avvolto della nebbia e sparì dalla vista, egli sostiene, sia nel libro che in un’intervista a Rai 3, di aver visto un altro posto. L’esperimento nel frattempo prosegue e gli assistenti osservarono la nebbia espandersi notevolmente e cambiare colore passando per tutta la gamma dell’arcobaleno. Finalmente egli ricomparve alla vista degli assistenti esterrefatti.
Curiosamente la maschera antigas che aveva con se, sparì e non fu più possibile trovarla. Del racconto esiste anche una registrazione sonora, in una intervista fatta a Rai 3 con il compianto Pietro Cimatti. Il portale dimensionale di Ferlini o come lo definì lui stesso “barriera magnetica” è un vero e proprio sistema di phase shifting che permette di collegare la dimensione che per convenzione definiamo “fisica” con altre dimensioni del multiverso olografico.
Curiosamente la maschera antigas che aveva con se, sparì e non fu più possibile trovarla. Del racconto esiste anche una registrazione sonora, in una intervista fatta a Rai 3 con il compianto Pietro Cimatti. Il portale dimensionale di Ferlini o come lo definì lui stesso “barriera magnetica” è un vero e proprio sistema di phase shifting che permette di collegare la dimensione che per convenzione definiamo “fisica” con altre dimensioni del multiverso olografico.
Ferlini la definì barriera magnetica perchè fondamentalmente è questo ciò che è…un muro magnetico che vibra a una specifica frequenza e che costituisce uno squarcio dimensionale. La costruzione del portale alla Ferlini è molto semplice concettualmente e non richiede di circuiti pilota ne elettronica…si basa solamente su quattro magneti permanenti posizionati trà loro sui quattro punti cardinali. In questa rappresentazione potete vedere il setup del portale.
i magneti sono fissati su dei supporti a slitta mossi da una vite senza fine in modo che sia possibile regolarne finemente la distanza reciproca. Nell’esperimento Ferlini usò magneti molto grandi di acciaio che pesavano diversi quintali ciascuno…in teoria la dimensione dei magneti dipende dalla dimensione dell’area che si vuole influenzare e quindi per aree più piccole basta usare magneti più piccoli e pratici. Questo significa che in teoria non servono grosse potenze per creare un portale in una zona piccola e lo deduciamo dallo stesso racconto di Ferlini sulla sperimentazione che fece con questi magneti ad U.
Giovanni Battista Ferlini iniziò la sua avventura studiando le piramidi di Giza. Inizialmente non era interessato allo studio dei portali e nemmeno ne sospettava la fattibilità pratica. In questa sede non tratteremo tutti gli studi antecedenti di Ferlini che poco hanno a che vedere con il portale ma ci concentreremo sulla sperimentazione. Ad ogni modo durante i suoi esperimenti con le riproduzioni delle piramidi si accorse che l’energia di tipo magnetico emessa dalle piramidi aveva una forte influenza su diverse variabili come ad esempio la schermatura dai raggi cosmici. Oggi dopo numerose sperimentazioni sappiamo bene come agisce l’effetto di forma delle piramidi sull’etere e la loro azione magnetica che è solo una risultante del campo torsionale emesso dalla punta della piramide stessa. A quel tempo però gli esperimenti con le piramidi fecero riflettere molto Ferlini il quale si accorse che la forma e la disposizione dei materiali usati creavano interazioni più o meno forti con svariati effetti.
La geniale idea che ebbe Ferlini fù quella di simulare il campo energetico della piramide usando dei magneti permanenti, in fondo dalle sue sperimentazioni era evidente che c’era un collegamento diretto trà l’energia delle piramidi e il magnetismo. Con i suoi collaboratori smontò un motore elettrico e ne estrasse quattro magneti permanenti ad “U” che stavano nello statore, li dispose su quattro angoli e mentre regolava le reciproche distanze mantenendo i poli alternati notò che c’era una distanza critica in cui si manifestava una forza di attrazione molto brusca e se regolava la distanza in modo che tale forza fosse “sul confine” trà debole e forte si formava una barriera offuscata al centro che impediva di vedere il tavolo sottostante. Capì quindi che la sua teoria era giusta e che l’esperimento doveva essere riprodotto su una scala maggiore. Ordinò quindi quattro magneti ad U molto grossi fatti di acciaio dolce successivamente magnetizzato, ognuno pesava diversi quintali e furono trasportati con un camion.
Lì dispose su delle slitte, regolabili con viti senza fine, sul pavimento del laboratorio e iniziò la sperimentazione con i suoi colleghi. Avvicinando i quattro magneti arrivò a una distanza critica, un confine molto sottile e preciso in cui la forza di attrazione reciproca diventava improvvisamente da debole a molto intensa. La vite senza fine era molto precisa e ci volevano molti giri per spostare i magneti..in questo modo potè regolare la distanza critica finemente studiando quale posizione dava i migliori risultati. Raggiunta la
posizione ottimale delle forti vibrazioni scossero tutto il laboratorio e i magneti iniziarono a vibrare molto probabilmente per l’intensa attrazione.
Una nebbiolina grigiastra\azzurrognola iniziò a formarsi nella zona circoscritta dai poli dei magneti e Ferlini dedusse che poteva essere ozono perciò si dotarono di maschere antigas per evitare le esalazioni velenose, la nebbiolina diventava di colore sempre più intensa e verso il verde a mano a mano che si raggiungeva la posizione critica. Mentre i suoi assistenti stavano più a distanza Ferlini si avvicinò al portale appoggiandosi su uno dei magneti per scrutare più da vicino la barriera magnetica, siccome la maschera gli limitava la vista e i movimenti decise di togliersela e la appoggiò su uno dei magneti. Avvicinandosi alla barriera si ritrovò catapultato di fronte alle piramidi di giza ma non quelle odierne…bensì nell’epoca in cui le piramidi erano intere con la punta di quarzo rivestita in metallo, ossia prima del grande cataclisma che sconvolse la terra 12.000 anni fà. Ad un certo punto si sentì chiamare da lontano e si ritrovò nel laboratorio con la macchina spenta, si avvicinò ai suoi assistenti allarmati i quali asserivano che il dott. Ferlini l’avevano visto scomparire trà i magneti per diverso tempo per poi rivederlo in piedi davanti a loro non appena disattivarono il portale allontanando i magneti trà loro. Consultandosi con i colleghi scoprì che decisero di interrompere l’esperimento quando si accorsero che c’era stata una brusca variazione di flusso tra due dei quattro magneti, riguardo la sua assenza non gli diedero peso inizialmente perchè pensarono che si era solo allontanato momentaneamente, non potendo spiegare perchè all’improvviso non lo vedevano più con loro pensarono che forse non si erano accorti dei suoi spostamenti nel laboratorio.
Ferlini raccontò quello che vide durante il “viaggio” attraverso la barriera magnetica e scoprirono che la maschera antigas di Ferlini era scomparsa e non riuscivano più a trovarla nonostante nessuno era uscito dal laboratorio e le maschere fossero state indossate tutte tranne quella di Ferlini che appoggiò su uno dei magneti. Scoprirono successivamente che la variazione di flusso tra i due magneti era situata nella posizione vicina a quella dove Ferlini appoggiò la maschera sul magnete stesso. Ipotizzarono giustamente che nel momento in cui Ferlini si sporse nella barriera dovette far cadere la maschera nella barriera finendo chissà dove. Sulla maschera c’erano riportate le iniziali con l’indirizzo di Ferlini…mesi dopo la maschera arrivò per posta a Ferlini e il mittente era in egitto precisamente al Cairo! La maschera era stata teleportata in egitto e chi la trovò pensò gentilmente di rispedirgliela! Altra nota importante sull’esperimento è che l’ozonometro posto vicino al portale non rivelò tracce di ozono e che anche quando ci si avvicinava alla nebbiolina si poteva respirare bene non come quando ci si trova in un gas. E ora le considerazione teoriche.
Considerazioni teoriche
Il portale di Ferlini può sembrare molto diverso da altri sistemi di phase shifting che usano l’interazione rotante trà campi magnetici ed elettrici ad alto voltaggio o quelli basati su campi elettromagnetici rotanti con frequenze specifiche…in realtà pur usando un metodo un pò diverso sfrutta per forza di cose gli stessi principi. Per aprire un portale o realizzare il phase shifting si deve isolare una zona di spazio e si và a modificare la frequenza di vibrazione dell’etere di quella zona stessa…siccome siamo in un ologramma è normale che tutto dipende dalla frequenza della portante olografica scelta, cambiamo portante e cambiamo dimensione. Nei sistemi tipo “philadelphia experiment” si usano delle bobine pulsate trà loro in sequenza a formare un campo rotante ed alimentate a specifiche frequenze di risonanza dimensionale, in altri sistemi invece si usa l’interazione trà un campo magnetico rotante e un campo elettrico che vibra a una certa frequenza. In entrambi i casi avremo un campo di etere rotante che vibra una frequenza specifica. Già qui è possibile notare l’analogia dei suddetti metodi con quello di Ferlini, infatti un campo magnetico non è altro che un flusso di etere ricircolante in una zona di spazio (flusso che si chiude su di sè) e il trucco usato da Ferlini è stato quello di far interagire diversi magneti in modo che il loro flusso si concatenasse creando un flusso rotatorio…infatti Ferlini lo definiva “campo unificato”. Ecco perchè i poli devono essere alternati ed ecco anche perchè c’è una distanza critica precisa…perchè geometricamente quando le calamite sono alla distanza precisa creano un flusso tondo rotatorio che si rafforza.
Immaginate le linee di flusso che escono da ogni polo che vanno a fluire nel polo opposto e così via unificandosi….in tale situazione si avrà una campo rotante unificato o per meglio dire un flusso di etere rotante proprio come illustrato in questa figura:
Un giroscopio spaziale
Ora una volta creato il campo rotante bisogna impostare una frequenza di risonanza che ci ricolleghi a una specifica dimensione o punto spazio-temporale dell’ologramma multiverso. Nel caso di Ferlini tale vibrazione può essere stata indotta sia dalle vibrazioni meccaniche dei magneti per semplice attrazione che dalle vibrazioni indotte da lui stesso quando ci si appoggiò. Sicuramente non era un sistema preciso perchè soggetto a molte vibrazioni spurie, ogni vibrazione meccanica sui magneti produceva una increspatura sul campo della zona critica. C’è però un indizio molto interessante, Ferlini non vagò a caso ma fù portato proprio dove a lui desiderava andare sia consciamente che inconsciamente…ossia nel tempo delle piramidi su cui era basata tutta la sua ricerca scientifica.
Questo indica che una volta aperto il varco la mente stessa è libera di scegliere dove e in che tempo spostarsi, nelle proiezioni extracorporee solo il corpo astrale (corpo olografico come quello fisico ma che vibra su una portante più alta) è libero di andare dove vuole ma nel phase shifting tutto il corpo compreso quello “fisico” si innalza di vibrazione rendedolo facile da spostare dove si vuole. La maschera invece fù sempre portata in egitto ma non nello stesso tempo…evidentemente la variazione di flusso indotta dal suo passare attraverso la zona critica ha spostato la variabile tempo facendola arrivare nei tempi moderni.
Chiaramente si dovrà fare molta sperimentazione in tal senso per poter stabilire meglio come agiscono le variabili nel phase shifting. Altro elemento importante è la famosa “nebbiolina”. Quando si interagisce con l’etere spostandone la frequenza o addensandolo in una zona di spazio esso diventa visibile sotto forma luminescente che a prima vista è come una nebbiolina il sui colore dipende dalla densità raggiunta. Questo lo si osserva anche nelle sperimentazioni con sistemi antigravitazionali tipo le repulsine di Schauberger, il SEG di Searl e altri…quello che ci interessa è che è ben visibile anche nei casi phase shfting. Nel celebre Philadelphia Experiment la nave veniva avvolta da una nebbiolina azzurrognola che virava verso il verde prima di scomparire…anche nel triangolo delle bermuda le navi prima di sparire o sortire certi effetti particolari entrano in una nebbiolina grigiastra a volte verdastra…sono entrambi casi di phase shifting e combaciano ovviamente con l’esperimento di Ferlini.
Un’altra considerazione che voglio fare è che per realizzare la zona critica dovrebbero in teoria bastare anche solo tre magneti ad U disposti a 120° l’uno dall’altro e inoltre non penso sia necessario usare per forza magneti ma invece gli elettromagneti che sono più pratici ed economici. Ferlini preferì i magneti perchè voleva usare una fonte magnetica “pura” ma gli elettromagneti potrebbero svolgere lo stesso lavoro perchè quello che conta è solo il campo magnetico generato e la disposizione geometrica.
tratto dal libro:
La Barriera Magnetica
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