Tanto rumore per nulla? Parrebbe di sì. Il tanto pubblicizzato alieno trovato nel deserto di Atacama, soprannominato “Ata”, sul quale Steve Greer prometteva clamorose rivelazioni nel suo documentario, sarebbe risultato umano. È quello che afferma, proprio nel film, uno dei medici che hanno effettuato il test del DNA.
Nell’annunciare- e promuovere- l’uscita di “Sirius“, presentato in anteprima il 22 aprile ad Hollywood, Greer aveva fatto trapelare dettagli impressionanti su quel corpicino mummificato, alto circa 12 centimetri, facendo capire di possedere prove mediche e scientifiche che ne avevano accertato un DNA sconosciuto. Ma chi, in America, ha avuto modo di vedere il film, ha scoperto un’altra verità.
“Posso dire con assoluta certezza che non si tratta di una scimmia. È umano- o comunque più simile ad un umano che ad uno scimpanzè. Ha vissuto fino a 6 o 8 anni. Ovviamente, ha respirato, ha mangiato, ha avuto un metabolismo. Il punto è capire quanto l’essere fosse grande quando è venuto al mondo”, ha infatti affermato il dottor Gary Nolan, direttore di biologia cellulare alla scuola di medicina della Standford University, in California.
Eppure, nel documentario, Steven Greer definisce Ata un’entità biologica extraterrestre di cui si ignora l’origine. Anche questo non è propriamente vero. L’Huffington Post e Open Minds, infatti, hanno ricostruito tutta la storia della creatura, venuta alla ribalta esattamente 10 anni fa. Era il 2003, infatti, quando avvenne l’anomala scoperta nella città-fantasma di La Noria, nel deserto di Atacama, in Cile.
Secondo la stampa locale, un uomo della zona, Oscar Muñoz, scavando vicino ad una chiesa abbandonata, avrebbe trovato uno strano scheletro non più alto di 15 centimetri avvolto in una veste bianca . “La creatura aveva i denti e una testa a bulbo con un’ insolita protuberanza. Il corpo era viscido e di uno strano colore. A differenza degli umani, aveva 9 costole“, scriveva il giornale “La estrella de Arica”.
Dopo aver visto le foto sul quotidiano, un biologo dell’Università Arturo Prat aveva parlato con i giornalisti, dicendosi sicuro che si trattava, senza dubbio, di un mammifero e quasi sicuramente di un essere umano, pur aggiungendo che servivano esami più approfonditi per saperne di più. Da allora, però, la creatura è passata di manomolte volte. Dopo essere stata comprata per 64 dollari dal proprietario di un pub, finì inSpagna.
L’attuale proprietario di Ata è infatti Ramon Navia-Osorio Villar, a capo di un gruppo ufologico di Barcellona che si chiama “Istituto di Investigazione e Studio di Esobiologia”. Secondo un articolo recente, postato su un sito argentino, “Realidad OVNI”, vari medici spagnoli hanno analizzato l’umanoide di Atacama, senza essere arrivati ad una conclusione concorde ed univoca. L’ultimo esame ha stabilito con certezza solo che non si tratta di falso.
Un altro referto, invece, firmato da un medico forense, afferma:”È un corpo mummificato, con tutte le caratteristiche di un feto. Presenta strutture e collegamenti normali nella testa, nel tronco e alle estremità. Nell’insieme, le proporzioni delle strutture anatomiche ci permettono di interpretarlo, al di là di ogni dubbio, come un feto umano mummificato assolutamente normale.”
Esattamente il contrario di quanto ha evidenziato il dottor Nolan. Il medico americano ha infatti escluso che si tratti di un feto abortito nel momento in cui ha affermato che Ata ha respirato e mangiato- cosa che un bambino mai nato non fa. Ma nella sua analisi, il biologo interpellato da “Sirius” è andato oltre. “La sequenza che abbiamo ottenuto dai mitocondri ci permette di dire con grande probabilità che la madre era una india dell’area cilena. Un’altra cosa emersa subito dalla analisi è che era un maschio e che probabilmente è morto un secolo fa, se devo provare ad indovinare”.
Insomma, una bella confusione, anche se gli esperti concordano nel ritenere l’alieno di Atacama niente affatto alieno. Ma il mistero attorno a questa piccola creatura dall’aspetto tanto anomalo è ancora tutto da chiarire. L’esserino, infatti, presenterebbemutazioni genetiche sconosciute, eppure a dispetto della sua misura estremamente ridotta non possiede i marcatori del nanismo. “Credevo che il DNA avrebbe dato ogni risposta”, ha infatti ammesso il dotto Nolan “ma ho invece capito che ci sono altre questioni biologiche che hanno ancora bisogno di essere comprese.”
SABRINA PIERAGOSTINI
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