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L'AMORE DI DIO PER GLI ESSERI UMANI E TENERO COME IL BACIO CHE MARIA DIEDE A GESU APPENA NACQUE Redazione di Loris Paglia

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venerdì 7 giugno 2013

Il sangue di San Gennaro

Il sangue di san Gennaro è conservato nel Duomo di Napoli (assieme al busto aureo ed argenteo del Santo e al suo cranio) in una boccetta di vetro sigillata, con volume stimato di circa 60 millilitri, riempita per metà dal liquido. Questa bottiglietta, accanto ad un’altra più piccola e vuota, è contenuta tra due pareti di vetro in un reliquiario portatile d’argento. Durante la cerimonia del miracolo di San Gennaro, il reliquiario è più volte mosso, agitato e capovolto al fine di evidenziare l’avvenuta liquefazione, che diviene visibile senza difficoltà: in certi casi quasi immediatamente, in altri dopo alcuni giorni, sebbene solidificatosi nell’arco dei secoli. L’evento è quasi sempre avvenuto in date precise durante l’anno da circa 700 anni. Ricordiamo che per i cattolici non c’è alcun problema ad affermare l’eventualità di un falso prodigio, a patto che lo si dimostri con chiarezza. La fede non è basata certo su questo, anche se può esserne aiutata. In estrema sintesi, la questione di San Gennaro rimane tuttora inspiegata e misteriosa, come vedremo. Con buona pace di chi ha deciso preventivamente come deve andare il mondo. Di seguito facciamo il punto sulla situazione scientifica, agiornando la pagina ogniqualvolta ci siano delle novità
1. POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA
La Chiesa cattolica non ha mai riconosciuto ufficialmente come “miracolo” il fenomeno della liquefazione. Viste le forti resistenze da parte della comunità napoletana ad abbandonare il culto del santo e delle sue reliquie si è deciso di mantenere la tradizione. Ma la commissione medica voluta dal Vaticano ha stabilito che lo scioglimento del sangue di san Gennaro non è un miracolo: tale evento è stato definito come un fatto mirabolante ritenuto prodigioso dalla tradizione religiosa popolare, essendo impossibile, allo stato dell’attuale conoscenza dei fatti, definirlo come scientificamente inspiegabile. Un requisito indispensabile perché la Chiesa riconosca un miracolo. La curi a e l’arcivescovo di Napoli hanno sollecitato e incoraggiato più volte la scienza ad effettuare ulteriori studi sul miracolo di San Gennaro. Già nel 2008 il cardinale Crescenzio Sepe aveva espresso il desiderio di porre il prodigio del Santo all’attenzione di esperti internazionali, in modo da far luce su una questione che da sempre ha suscitato polemiche.

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2. BREVE STORIA
Tradizionalmente si racconta che il 19 settembre del 305, durante la persecuzione di Diocleziano, Gennaro, vescovo di Benevento, fu decapitato con altri compagni nella Solfatara di Pozzuoli. In altre fonti, è detto che Gennaro fu destinato ai leoni. Qualunque sia la versione ufficiale, sappiamo che la sua nutrice raccolse il suo sangue e il suo corpo, secondo i canoni di una tradizione molto diffusa e caratterizzante l’atteggiamento dei fedeli nei confronti dei martiri. Le cerimonie in onore di san Gennaro furono istituite nel 1337 dall’arcivescovo di Napoli. Bisogna attendere il 1389 quando, il 17 agosto, il fenomeno della liquefazione venne documentato per la prima volta: «fu fatta una grandissima processione per il miracolo che Gesù mostrò mediante il sangue del beato Gennaro conservato e che allora era liquefatto come se quel giorno fosse uscito dal capo del beato Gennaro». Da allora si sono verificate circa 11.000 liquefazioni in condizioni ambientali e culturali molto diverse. L’evento si è ripetuto – quasi sempre – a date regolari, scandendo la storia di Napoli. Il 19 settembre (giorno della decapitazione del santo); il sabato che precede la prima domenica di maggio (anniversario della traslazione delle reliquie del martire nelle catacombe di Capodimonte) e il 16 dicembre (in relazione ad una terribile eruzione del Vesuvio che nel 1631 causò molti lutti e distruzione. Il popolo durante quell’evento si affidò totalmente al Santo). Sono inoltre avvenute altre liquefazioni in giorni diversi e interpretate simbolicamente dai napoletani.

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3. IPOTESI E STUDI SCIENTIFICI
Si parla di miracolo quando si è difronte ad un fatto oggettivamente inspiegabile a qualunque disamina, a qualunque procedimento indagativo della ragione. La scienza ci dimostra come il sangue umano, se sigillato in vitro per un certo periodo, solitamente si coaguli, senza più tornare al proprio stato liquido. Ma anche quando dovesse rompersi il coagulo (con conseguente liquefazione), ciò potrebbe avvenire una tantum: senza alcuna possibilità, dunque, di ulteriore ritorno alla coagulazione iniziale. Il liquido conservato nel Duomo di Napoli, invece, sta misteriosamente continuando, nel corso dei secoli, a solidificare ed a liquefarsi più volte, senza entrare mai a contatto con l’aria.
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3.1 ANALISI SPETTROSCOPICA TROVA EMOGLOBINA
Il 25 settembre 1902 una prima analisi spettroscopica sull’ampolla fu fatta dai professori Sperindeo e Januario rivela lo spettro dell’ossiemoglobina, cioè il prodotto di associazione dell’emoglobina -il pigmento contenuto nei globuli rossi del sangue-, con l’ossigeno[1]
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3.2 BAIMA BOLLONE AFFERMA LA PRESENZA DI SANGUE NELL’AMPOLLA
Nel 1989 il dott. Baima Bollone, ordinario di Medicina legale nell’Università di Torino, dichiara: «secondo il parere di alcuni insigni biologi, sembrerebbe ragionevole – sulla base delle conoscenze via via raccolte – presumere che nelle ampolline sia contenuto del sangue certamente antico». Sangue con «metaemoglobina scura e stabile, il che bene corrisponde all’aspetto cupo del materiale contenuto nelle ampolle al momento della fase solida. Nella fase di liquefazione il contenuto delle ampolle diviene invece rosso vivo, quasi che si fosse realizzato l’impossibile ripristino della ossiemoglobina. Inoltre, le conoscenze sulla coagulazione tendono a condurre gli studiosi verso la conclusione che la liquefazione ricorrente contrasta con le conoscenze scientifiche biochimiche e fisiologiche naturali»[2]

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3.3 IL CICAP PARLA DI TISSOTROPIA
Il 10 ottobre 1991 sulla rivista scientifica Nature appare una lettera[3] di Luigi Garlaschelli, responsabile scientifico del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) il quale sostiene di aver risolto l’enigma di San Gennaro. Propone quindi l’ipotesi della tissotropia, proprietà di alcuni gel di diventare più fluidi, fino a passare dallo stato solido a quello liquido, se scossi o fatti vibrare, comunque turbando il loro stato con sollecitazioni meccaniche per poi tornare allo stato precedente se lasciati indisturbati (un esempio di questa proprietà è la salsa ketchup). Ricordiamo che il chimico del CICAP, che ha fatto fortuna, non solo economica, grazie a questa vicenda, non ha mai studiato il liquido direttamente, come non studiò direttamente la Sacra Sindone di Torino prima di realizzarne una artificialmente, così mal fatta da fargli perdere la popolarità ricevuta dal sangue di San Gennaro [4]. Garlaschelli ritiene che il liquido non sia sangue ma una sostanza frutto di una manipolazione da parte di qualche abile alchimista. Ha così ricreato il “miracolo” -cioè i cambiamenti di stato da solido a liquido- utilizzando una sostanza ottenuta tramite il miscuglio di elementi abitualmente adoperati dagli antichi alchimisti. Il CICAP non ha però spiegato perché la sostanza a volte (come nel maggio 1976) non si è sciolta malgrado otto giorni di attesa e che spesso è stata invece trovata già sciolta nella cassaforte dov’è conservata, senza che fosse intervenuta alcuna energia o interferenza esterna.
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3.4 IL BIOLOGO GERACI SMENTISCE IL CICAP: C’E’ IL SANGUE, NO LA TISSOTROPIA
Nel 1999 il CICAP presenta i risultati di Garlaschelli durante l’inaugurazine della sezione campana del CICAP. Il Corriere della Sera[5] riporta che in sala è presente anche il professor Giuseppe Geraci, docente di Biologia molecolare e studioso di fama internazionale, che dopo aver precisato che ai miracoli non crede, «smantella pezzo a pezzo le tesi del Cicap». Venti minuti occorrono al «professor Giuseppe Geraci per dare un colpo alla credibilità del Cicap». Secondo Geraci la «tissotropia» non c’entra nulla perché non è gelatina ma proprio sangue quello che si conserva nel Duomo. Il quotidiano continua: «Lo stesso Garlaschelli ha dovuto riconoscere i suoi limiti e con onestà intellettuale ha poi raggiunto il professore, al termine dell’incontro, per chiedergli lumi e la possibilità di leggere i suoi studi». Ed è a questo punto che il biologo rivela: «Il sangue c’è, il miracolo no, tutto nasce dalla degradazione chimica dei prodotti, che crea delle reazioni e delle variazioni anche con il mutare delle condizioni ambientali». Quindi c’è del sangue ma niente miracolo poiché il cambio di stato è dovuto solo reazioni chimiche. Proprio su quest’ultima affermazione l’accademico cambierà idea nel 2010 (come vedremo).
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3.5 IL CICAP CONCEDE QUALCOSA
Il 1/1/2000 sul sito web del CICAP appare un articolo, colmo della solita ironia degli scettici nichilisti, in cui si riassume la vicenda scientifica sull’ampolla di San Gennaro. Sono costretti però ad ammettere che «anche le fonti critiche continuano a descrivere il miracolo come “non spiegato dalla scienza” e “non riproducibile”»[6]. L’ente sul paranormale persiste nel proporre la veridicità della propria ipotesi, cioè il fenomeno tissotropico, ma vuole sollevare la Curia di Napoli dalle accusa di frode, proponendo un compromesso: «Lungi dal porre l’accento sulle responsabilita’ della Chiesa nel partecipare ad un possibile inganno l’ipotesi tissotropica è proprio basata sul fatto che la frode, se c’è stata, è stata fino ad ora in gran parte involontaria. Se con un controllo davvero elementare, cioè scuotendo lievemente l’ampolla, l’ipotesi tissotropica venisse avvalorata, basterebbe ammettere l’errore passato, per salvare la faccia futura»[7]. Cioè, ammettete l’inganno, date ragione a noi e nessuno vi accuserà. Interessante che anche alcuni membri del CICAP comincino ad ammettere la possibilità della presenza del sangue all’interno dell’ampolla: «C’è fra noi una certa gamma di opinioni diverse. Alcuni non hanno esitazioni ad attribuire la creazione della reliquia a persone competenti preoccupate unicamente di ottenere il giusto effetto sorprendente, usando soltanto le materie piu’ adatte. Altri preferiscono tenere aperta anche la possibilità che del sangue, forse originale, forse aggiunto più tardi, faccia parte del contenuto dell’ampolla, magari in proporzione minima»[8]. Come diceva Lev Trotsky, “nessuno è più superstizioso degli scettici”.
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3.6 IL GEL TISSOTROPICO CREATO DAL CICAP NON DURA NEL TEMPO
Nel marzo 2005 Antonio Ruggeri, pur dichiarando di apprezzare l’ipotesi del CICAP, ammette che «comunque, per dovere di correttezza, bisogna anche segnalare che la sostanza ottenuta dal Garlaschelli non riesce attualmente a mantenere le proprie caratteristiche tissotropiche per un periodo superiore ai due anni»[9], mentre -riconosce il Ruggeri- il miracolo di Gennaro avviene ininterrottamente da quasi sette secoli a questa parte. Quindi, non solo il CICAP ha postulato che nell’ampolla non ci sia del sangue, al contrario degli studi precedenti e dell’opinione del biologo Geraci, ma ha anche fallito la presunta dimostrazione attraverso la sostanza tissotropica articifiale.
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3.7 L’ANTROPOLOGO CENTINI RIAPRE LA VICENDA
Nel 2006 l’antropologo e studioso di miti popolari Massimo Centini afferma che «malgrado le tesi scientifiche, il miracolo di san Gennaro continua ad essere un fenomeno che resiste agli assalti del tempo e delle critiche»[10]
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3.8 IL DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA DI NAPOLI DIMOSTRA PRESENZA DI SANGUE E LA PERMANENZA DEL MISTERO
Nel febbraio 2010, il Dipartimento di Biologia Molecolare dell’Università Federico II di Napoli, guidato dal professor Giuseppe Geraci, ha dimostrato definitivamente la presenza di sangue umano all’interno dell’ampolla di San Gennaro. Il biologo, dopo quattro anni di intense ricerche, sostiene: «Senza contare le notti passate nel buio della Cappella reale del Tesoro di San Gennaro sono partito proprio da lì, dal luogo dove la teca con l’ampolla è custodita. Ho applicato il massimo del rigore scientifico a un evento ritenuto assolutamente metafisico, inspiegabile». Dopo centinaia di osservazioni e rilevazioni non si è rilevata alcuna misteriosa variazione di peso, anche quando ci sono i mutamenti di stato. L’analisi però ha portato a una sostanziale conferma dei dati emersi nel 1989 con l’analisi spettroscopica, i quali rivelarono lo spettro dell’emoglobina. A confermare ulteriormente questo dato per il professor Geraci ha contribuito un evento assolutamente imprevisto: «Nelle disponibilità della Delegazione della Curia napoletana c’era una teca con ampolla, in tutto simile a quella di San Gennaro. Una reliquia – afferma Geraci- proveniente dall’Eremo dei Camaldoli», ritrovata dieci anni fa. L’ampolla, che è identica a quella di San Gennaro ma è di datazione diversa (risale al 1600 secolo mentre quella di San Gennaro è del 1300) è stata sottoposta a numerosi test. Geraci racconta: «abbiamo riprodotto una serie di condizioni per verificare le reazioni del liquido, rossastro e schiumoso, in tutto simile a quello di San Gennaro. Poi abbiamo potuto aprire l’ampolla e, durante l’operazione, abbiamo verificato un elemento che ci ha convinto che all’interno ci fosse sangue ancor prima di poterlo verificare direttamente. Il sangue umano, in particolare condizioni, sprigiona una sostanza che, di fatto, è un vero e proprio mastice naturale. Il tappo, così come quello dell’ampolla di San Gennaro, era praticamente incollato al vetro. Impossibile da aprire senza romperlo». In conclusione, Geraci cambia idea rispetto a quanto sostenuto nel 1999 e afferma: «così come per San Gennaro, non c’è dato scientifico univoco che spieghi perché avvengano questi mutamenti. Non basta attribuire al movimento la capacità di sciogliere il sangue, il liquido cambia stato per motivi ancora tutti da individuare»[11] Convegno scientifico. I lavori del dipartimento di Biologia molecolare dell’università di Napoli sono sono stati esposti il 5/2/10 durante il convegno “Il miracolo di san Gennaro: esperimenti e considerazioni di un biologo molecolare”[12] presso l’Accademia nazionale di Scienze fisiche e matematiche presieduta a Napoli dal rettore Guido Trombetti e rappresentata dal segretario nazionale Carlo Sbordone, titolare della cattedra di Analisi matematica alla federiciana. Sono stati riportati gli eventi che hanno portato ad eseguire misure sulla reliquia di sangue di San Gennaro, i loro risultati e le conseguenti considerazioni sulla autenticità della reliquia. Il biologo Geraci ha aperto il convegno mostrando ai presenti un campione del proprio sangue solidificato e agitandolo ne ha provocato la liquefazione. Lo scienziato ha però poi sottolineato l’incredibilità e unicità dell’ampolla dell’Eremo dei Camaldoli e di quella di San Gennaro: «non basta l’evento meccanico, uno scossone, a far cambiare stato. Quando ho aperto l’ampolla dei Camaldoli [quindi a contatto con l'aria] il sangue contenuto da liquido è divenuto gelatinoso, ho sottratto del calcio per riportarlo allo stadio fluido. Per l’ampolla con il mio sangue è invece bastato uno scossone. Quello che non sappiamo è in base a quali circostanze il sangue dell’ampolla di San Gennaro passa da solido a liquido e viceversa»[13]. Ricordiamo che la liquefazione del sangue di San Gennaro non avviene per contatto con l’aria e rimane aperto il mistero per cui in alcuni casi nonostante numerosi giorni di “agitazioni” dell’ampolla, il sangue sia rimasto solido e altri in cui si è sciolto senza intervento esterno.
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3.9 IL RETTORE TROMBETTI CONFERMA IL LAVORO DI GERACI E LA NON SPIEGABILITA’ DEL FENOMENO
Il matematico Guido Trombetti, accademico di prestigio internazionale, Presidente dell’Accademia di Scienze Matematiche e Fisiche, docente di Analisi Matematica I e II per il corso di laurea in Fisica e già Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, ha confermato il lavoro del biologo Geraci affermando: «nella teca custodita in cattedrale vi è certamente sangue umano. Facendo così giustizia di ipotesi fantasiose. Perché il 19 settembre di ogni anno, agitando la teca, il sangue ivi racchiuso possa sciogliersi nessuno sa dirlo. Neanche gli esperimenti di Geraci». Per poi concludere così: «I punti di incontro e di dialogo tra scienza e fede vanno cercati tenacemente. Superando però un equivoco sempre in agguato: bisogna smetterla con la pretesa superiorità intellettuale della posizione dei non credenti rispetto a quella dei credenti. Si tratta in entrambi i casi di una posizione dogmatica. O, se vi piace di più, si tratta della scommessa di Pascal»[14] 
Nell’ampolla di San Gennaro c’è sangue. È questo il risultato delle analisi condotte dal dipartimento di Biologia Molecolare dell'Università Federico II di Napoli, guidato dal professor Giuseppe Geraci. Dopo quattro anni di studi è giunto a dimostrare che nell’ampolla c’è «sangue che muta da solido a liquido e viceversa». Gli esperimenti sono stati condotti su «un'ampolla del tutto simile a quella di San Gennaro. Una reliquia proveniente dall'Eremo dei Camaldoli», dal momento che non è possibile analizzare il reperto originale, che potrebbe essere danneggiato.Oggi Geraci ha spiegato che il sangue umano, in particolari condizioni, sprigiona una sostanza che ha lo stesso effetto del mastice: «il tappo, così come quello dell'ampolla di San Gennaro, era praticamente incollato al vetro. Poi il liquido rossastro si coagulò in una gelatina. Test, con movimento e sostanze naturali, hanno poi riportato il sangueda solido a liquido. Ho ripetuto il test con il mio sangue, ottenendo gli stessi risultati». Resta ancora da dimostare perché avvengano questi cambiamenti di stato, anche se il professore ritiene che «il vero miracolo di San Gennaro è la fede che è capace di suscitare. L'affetto dei napoletani per il patrono e la sua reliquia». 

Il sangue di San Gennaro

Diverse reliquie ancora venerate dalla Chiesa Cattolica rappresentano - o sono - resti del sangue di vari santi e martiri. Nelle 430 pagine di un classico ed eruditissimo catalogo [1] sono elencate ben 190 reliquie di sangue ancora esistenti nel 1951 in Italia, particolarmente a Napoli. Un piccolo numero di esse si liquefa dal proprio stato normalmente coagulato, in modo ritenuto paranormale, in occasioni specifiche, generalmente durante cerimonie religiose. Quando del sangue è estratto da un organismo vivente e posto in un contenitore, il fibrinogeno, proteina solubile del plasma, forma un reticolo di fibrina insolubile, che a sua volta lega i globuli rossi producendo un coagulo gelatinoso. Questo può bensì essere disgregato meccanicamente, ma quando ciò è stato fatto una volta, non può più avvenire alcun cambiamento di stato. Dunque la risolidificazione di un campione di sangue sarebbe forse ancora più sorprendente della sua prima liquefazione. La più celebre di queste reliquie di sangue miracoloso è un'ampolla contenente una sostanza scura, sconosciuta, considerata il sangue di S. Gennaro, vescovo di Benevento, decapitato a Pozzuoli durante la persecuzione di Diocleziano nel 305 d.C. Una reliquia che rappresenta il suo sangue apparve a Napoli più di mille anni dopo, verso il 1389. Essa si liquefa, una o due volte l'anno, quando viene estratta dalla cassaforte ove normalmente si trova, e portata sull'altare.


Fig.1 Ampolla con il "sangue " di S Gennaro solido (in alto) e liquido (in basso)


Alcuni anni fa abbiamo proposto [3] che la tissotropia possa fornire una spiegazione per le proprietà del sangue di S. Gennaro. La tissotropia indica la proprietà reologica di certe sostanze di liquefarsi quando vengono agitate o scosse, e di solidificare ancora quando sono lasciate a riposo. L'atto medesimo di maneggiare la reliquia durante la cerimonia, rovesciandola più volte per controllarne lo stato, può dunque fornire l'energia necessaria a innescarne la liquefazione. Secondo questa congettura, la liquefazione potrebbe avvenire in modo del tutto automatico, escludendo una frode conscia da parte di chi esegue il rito, e consentendo tutti i gradi di autoinganno che si vogliano postulare.
Il fatto che alcune volte la liquefazione manchi si spiegherebbe col fatto che se la reliquia viene maneggiata con delicatezza, essa non subisce sollecitazioni meccaniche di energia sufficiente. D'altra parte si sono registrati casi di liquefazioni "fuori data", senza cerimonia e senza folla, quando l'ampolla è stata mossa, per esempio in occasione di restauri alla teca da parte di artigiani, o di riprese fotografiche.
A sostegno di queste ipotesi siamo anche riusciti a preparare esempi di una sostanza tissotropica, molto simili per aspetto alla reliquia gennariana, utilizzando materiali e tecniche disponibili nel XIV secolo. Il procedimento generale è di una semplicità disarmante, e molto simile a quanto anche un artista dell'epoca avrebbe potuto fare speimentando nuovi pigmenti: si parte da una soluzione in acqua di un sale di ferro, il cloruro ferrico, ritrovabile in natura solo su vulcani attivi (come minerale detto Molisite) e che esisteva in abbondanza sul Vesuvio. Si aggiunge una quantità calcolata di carbonato di calcio (per es. polvere di marmo, o gusci d'uovo macinati). Il carbonato di calcio era un pigmento bianco molto usato dagli artisti anche nel medioevo. Si forma così una soluzione colloidale bruno scura di idrossido di ferro. Questa deve essere purificata mettendola in una sorta di sacchetto di pergamena (o vescica o budello animale) lasciato immerso in acqua per qualche giorno. Aggiungendo infine una piccola quantità di comune sale alla soluzione risultante, si ottiene una sostanza tissotropica che, lasciata a riposo per alcune ore, assume la consistenza di una gelatina molto densa, ma che torna perfettamente liquida se il contenitore in cui si trova riceve piccoli urti o scosse. I passaggi liquido-solido-liquido sono ovviamente ripetibili. (Fig. 2)


Fig. 2 - Sostanza tissotropica solida (a sinistra) e liquida ( a destra)

Stranamente, la possibilità di indagare un fenomeno inspiegato e ricorrente ha generato ben poca sperimentazione scientifica.
Poichè la Chiesa cattolica ha sempre -forse giustamente- vietato di aprire i contenitori sigillati, un'analisi spettroscopica fu condotta per la prima volta nel 1902. [4] Lo strumento era uno spettroscopio a prisma, la fonte luminosa era una candela con qualche granello di sale sullo stoppino per fornire le linee D del sodio. La luce fu fatta passare attraverso un sottile strato di "sangue" liquefatto e quattro strati di vetro (le due pareti dell'ampolla e le due del reliquiario). Fu riportata l'osservazione delle bande di assorbimento tipiche dell'emoglobina. La stessa analisi fu ripetuta nel 1989 [5] utilizzando uno spettroscopio a prisma dello stesso tipo. Questa volta la fonte luminosa era fornita da lampade elettriche, e gli spettri furono registrati fotograficamente. Di nuovo fu riportata l'osservazione delle bande dell'emoglobina.
Questa analisi è sempre presentata come la "prova scientifica" della presenza di sangue nell'ampolla. Si dovrebbero comunque considerare - oltre a obiezioni più tecniche che tralasciamo - i seguenti fatti:
a) I risultati non sono stati inviati, come sarebbe prassi comune, a una rivista scientifica che
li sottoponesse al vaglio di una commissione di esperti, ma stampati privatamente dalla Curia di Napoli. L'opuscolo è in vendita al banco dei libri all'interno del Duomo.
b) Non è chiaro perché sia stato usato uno spettroscopio a prisma di modello antiquato, anziché un più preciso e affidabile spettroscopio elettronico moderno.
c) Gli Autori stessi ammettono che altri pigmenti rossi potrebbero essere confusi con l'emoglobina. d) Durante l'analisi viene riferita la comparse (dopo 3 e 9 minuti) anche delle bande di assorbimento dell'ematina e dell'emocromogeno, prodotti di degradazione dell'emoglobina, che si sono sovrapposte a quelle dell'emoglobina stessa, come durante la registrazione di un miracolo "in diretta". Vale la pena di ricordare che comunque, al momento dell'analisi, la massa era già liquefatta da varie ore.
e) Se si adotta una misurazione visiva anziché elettronica, non può essere visto un picco caratteristico del sangue (banda di Soret a 440 nm); recenti studi [6] hanno dimostrato che in queste condizioni il nostro gel di idrossido ferrico ha spettri che sono molto simili a quelli del sangue vecchio, poiché in quest'ultimo mancano le bande caratteristiche dell'ossiemoglobina, a causa della decomposizione dell'ossiemoglobina stessa in metaemoglobina e altri derivati. (Fig. 3)


Fig. 3 - Spettri nel visibile di sangue in cui l'emoglobina si è decomposta e di colloide di idrossido di ferro

f) Gli spettri non mostrano alcuna calibrazione delle lunghezze d'onda, e sono di qualità estrememente scadente, con anomalie insolite, come contrasti di colore molto netti e una distribuzione spettrale distorta. In realtà nelle riproduzioni stampate di questi spettri non è identificabile alcuna chiara banda di assorbimento.

In conclusione, noi riteniamo che l'affermazione "scientifica" che l'ampolla contiene sangue (tantomeno umano!) sia fondata su basi molto deboli. Anche in caso contrario, del resto, potrebbe pur sempre trattarsi di una sostanza tissotropica in cui è presente del sangue.

Le presunte variazioni di volume o di colore del "sangue" sono semplici affermazioni aneddotiche: non ne esistono misurazioni spettroscopiche o registrazioni (per es. della reliquia tenuta orizzontale davanti a una scala graduata). Tale impressione potrebbe essere dovuta alla massa viscosa che aderisce alle pareti dell'ampolla, apparentemente riempiendola, o all'asimmetria della forma dell'ampolla stessa.
Variazioni addirittura di peso, apparentemente casuali, furono registrate nel 1900 e nel 1904 (con un aumento di peso fino a 28 grammi, su un contenuto presunto di "sangue" di 30 ml. [7] In realtà, poiché fu pesata la reliquia nel suo reliquiario, per un peso totale di circa un chilogrammo, ciò equivale solo a una variazione del 3% sul totale della pesata (variazioni, cioè, compatibili con un errore strumentale). Ancora, questi dati furono pubblicati solo in una rivista religiosa (senza riportare le condizioni sperimentali o il tipo di bilancia impiegata). In più, perfino in una pubblicazione edita dalle autorità ecclesiastiche e la cui ristampa è disponibile al banco libri del Duomo di Napoli, [8] si legge che "Però recentemente tentativi eseguiti con bilance elettriche, durante cinque anni, non hanno confermato quelle variazioni". Le misurazioni, eseguite per incarico della Curia, furono ribadite in una comunicazione ufficiale successiva. [9]

Come è facile capire, il punto critico non è indovinare quale sia la vera natura chimica della misteriosa sostanza. In assenza di analisi e osservazioni adeguate e affidabili, ancora manca perfino la certezza sulle sue precise proprietà e sul suo comportamento. Sono facilmente immaginabili, però, ulteriori analisi volte a determinarli, senza nemmeno aprire le ampolle; per esempio, spettroscopie effettuate con moderni strumenti elettronici da spettroscopisti qualificati. Degli innalzamenti controllati di temperatura e degli innocui test di impatto (o più banalmente: agitare intenzionamente l'ampollina) rappresenterebbero altri metodi non distruttivi di analisi grazie ai quali l'ipotesi tissotropica o quelle alternative potrebbero essere avvallate o scartate. [10]

Altri santi, altro sangue 

Come detto, il sangue di S. Gennaro non e' il solo a cui si attribuiscono presunti comportamenti miracolosi e inspiegabili. Esisterebbero infatti altre reliquie che cambierebbero stato da coagulato a liquido, e viceversa; reliquie di sangue che si e' conservato sempre liquido; reliquie di sangue una volta liquido e successivamente seccatosi; reliquie di sangue coagulato che non cambia stato fisico ma "rosseggia vivamente" in particolari occasioni; reliquie di sangue coagulato; reliquie di sangue polverizzato.
Quelle del primo gruppo, particolarmente interessanti, oltre a quella gennariana sono solo otto, attribuite a S. Giovanni Battista, S. Stefano, S. Lorenzo, S. Pantaleone, S. Patrizia, S. Chiara da Montefalco, S. Luigi Gonzaga, e S. Alfonso Maria de Liguori.
S. Patrizia [11] è descritta dalle agiografie come una giovane monaca di Costantinopoli, morta a Napoli nella meta' del VII secolo. Il suo corpo è esposto in una teca di cristallo nel monastero di S. Gregorio Armeno. Vuole la leggenda che nell' VIII secolo un cavaliere da lei miracolato, nascostosi di notte presso il sepolcro della santa (morta cento anni prima) ne strappasse un dente, provocando una fuoriusciuta di sangue, poi raccolto in ampolla. Le prime notizie della liquefazione miracolosa di questo sangue sembrano essere però del 1645 (secondo altri, del 1510); avveniva nel giorno della ricorrenza della santa, ma anche ogni venerdì, verso le ore 15. Esistono anche un'ampolla di sangue secco, e una contenente una "manna", misteriosa sostanza rosea sempre semifluida, che colava dalle ossa della santa.
Il miracolo attualmente sembra tuttavia praticamente svanito. S. Patrizia, per le incertezze storiche sulla sua reale esistenza, è stata tolta dal calendario liturgico napoletano, nè mai inserita in quello generale. L'ampolla del sangue da molti anni non si espone più perché esso ormai "faceva sedimento". Un opuscolo in vendita a S. Gregorio Armeno, effettivamente, non fa cenno del miracolo. Sono invece ancora esibite ogni martedì mattina due ampolle, che dovrebbero essere quelle del sangue secco e della manna. Sono di vetro scurissimo, in un reliquiario che imita quello di S. Gennaro, e si intravvede soltanto, in una di esse, qualcosa di sempre fluido.


Del sangue di Cristo sarebbe addirittura contenuto in una piccola fiala di quarzo a Bruges (Belgio). Condotta solennemente in processione a maggio, con fastose cerimonie in costumi medievali, non risulta dar segni di vita. Altro sangue di Cristo sarebbe contenuto anche nei Sacri Vasi a Mantova, (portato dal centurione Longino) e a Sarzana (La Spezia); questa reliquia, in passato almeno, si liquefaceva e ribolliva - si dice - il giorno di Venerdi' santo.

S. Pantaleone si vuole fosse medico di Nicomedia, martirizzato nel 311. Sue reliquie (sangue e il suo capo) furono segnalati gia' nel 1157 nella chiesa di S. Sofia di Costantinopoli. Le cronache testimoniano che una grossa ampolla del suo presunto sangue, mescolato ad altro materiale, si trova nel duomo di Ravello (Salerno) dagli inizi del '600. Chiusa tra due grate, e tuttora visibile, esso si liquefa tra il 27 luglio e il 14 settembre, o anche oltre, senza che nessuno la maneggi. Il suo aspetto è identico a quello del "sangue" di S. Lorenzo di Amaseno. Altre reliquie presentate come sangue dello stesso martire si troverebbero anche ad Amalfi, Vallo di Lucania, nelle chiese di S. Gregorio Armeno, in quella di S. Severo e in quella dei SS. Apostoli (Napoli), a Roma, Madrid, e presso privati a Napoli.

Il sangue di San Lorenzo 

Benché la reliquia di S. Gennaro venga sottoposta a molte sollecitazioni meccaniche, la grossa ampolla contenente il sangue di S. Pantaleone non è mai mossa, essendo chiusa dietro un'inferriata; e quella di S. Lorenzo è spostata gentilmente solo una volta, il 10 agosto, dal suo tabernacolo all'altare. In questi casi, dunque, la tissotropia non è una spiegazione adatta. Inoltre sembra che la liquefazione inizi vari giorni prima della festa del santo, e termini molto dopo (mancano osservazioni giornaliere precise).
Il 10 agosto 1996 ebbi il permesso di esaminare la reliquia di San Lorenzo di Amaseno (una piccola ampolla alta cm 15.3 e del peso di g 141) in occasione di un servizio girato da una troupe della televisione italiana, Rai2, in vista di una puntata della trasmissione "Misteri". S. Lorenzo fu martirizzato il 10 agosto 258 d.C., durante il regno dell'Imperatore Valeriano, venendo bruciato su una graticola.



Fig. 4 - Il "sangue" si S. Lorenzo ad Amaseno (FR)

L'ampolla (Fig. 4) contiene una miscela di varie sostanze, per una quantità stimabile in circa 35 ml. Sul fondo è visibile uno strato di sostanza solida, dal colore giallastro e dall'aspetto granuloso o grumoso, forse contenente sabbia o terriccio. Un granellino più scuro degli altri viene intrpretato tradizionalmente come del carbone della graticola. Sopra questo strato ve ne è un altro, solitamente solido, anch'esso giallastro o marroncino, e infine un terzo, più sottile e più amorfo. Quando si liquefa, lo strato intermedio diventa trasparente, e cambia il proprio colore diventando rosso rubino Ho vibrato l'ampolla per 10 secondi su un agitatore da laboratorio per provette, per verificare se una sollecitazione meccanica potesse indurre qualche cambiamento di fase dovuto a tissotropia, ma le vibrazione non hanno alterato in misura visibile la fluidità del contenuto viscoso. Ho poi raffreddato l'ampolla, immergendone la parte inferiore in un recipiente contenente acqua e ghiaccio. Dopo pochi minuti l'intero contenuto dell'ampolla è solidificato in una massa opaca color giallo-marroncino.
Infine, sostituito il bagno freddo con uno di acqua a circa 20 °C, ho riscaldato di nuovo lentamente, con un asciugacapelli elettrico, il bagno riportandolo alla temperatura ambiente iniziale (29-30 °C), mentre ne controllavo la temperatura con un termometro da chimica immerso nel bagno stesso. A 29 - 30 °C il contenuto dell'ampolla è fuso di nuovo, e il suo colore è tornato rosso, dimostrando chiaramente che il cambiamento di stato osservato è semplicemente un effetto dovuto alla temperatura di una sostanza con basso punto di fusione. Ciò è coerente con il fatto che la liquefazione avviene durante il periodo estivo quando facilmente le temperature sono elevate, e dura molti giorni. [12]
La temperatura di rammollimento della sostanza e il suo aspetto generale suggeriscono che la reliquia consista di grassi, cere, o miscele di composti simili, probabilmente contenenti un adeguato colorante in essi solubile. In realtà, questa reliquia è descritta in un' antica pergamena del 1177, di cui ho preso visione, contenente l'atto di consacrazione della chiesa, come reliquia de pinguedine St. Laurentii Mart. (reliquia dal grasso di S. Lorenzo martire). Il fenomeno della liquefazione non fu osservato fino al XVIII secolo, quando la reliquia venne denominata "sangue e grasso", ed infine solo "sangue".
E' interessante notare che una delle ipotesi "storiche" per spiegare il comportamento del sangue di S. Gennaro è stata proprio che la sostanza sconosciuta sia semplicemente una miscela con un basso punto di fusione. Solida quando si trova in un un luogo un po' più fresco, fonderebbe quando è portata sull'altare, vicino alle candele accese e tra una folla fervente. Questa ipotesi, formulata per la prima volta già nel 1826, fu presto supportata da numerose ricette, per la maggior parte basate su cere, grassi o gelatine (più adatti coloranti). In ogni caso, ogni miscela di questo tipo avrebbe un punto di fusione costante, mentre la cerimonia di liquefazione del sangue può avvenire a temperature diverse (maggio, settembre, dicembre). Così, nel caso del sangue di S. Gennaro, l'ipotesi tissotropica sembra più plausibile.
Comunque, contrariamente alla reliquia gennariana, il "sangue" di S. Lorenzo non è contenuto in un'ampolla sigillata. Una piccolissima quantità di sostanza, estratta con una siringa attraverso il collo non perfettamente chiuso, potrebbe facilmente essere analizzata, determinando la natura del colorante rosso, nonché quella della miscela bassofondente.
 Sbagliarsi è umanoSe chi celebra il rito con la reliquia, come dichiara ufficialmente, non e' sicuro che sia miracoloso, dovrebbe accertarsi che lo sia prima di proseguire. Ora, come vedremo, si offre la perfetta opportunita' per un chiarimento della posizione della Chiesa, dal quale potrebbe derivare anche la concreta approvazione oppure lo scoraggiamento del rituale nel Duomo che, in contraddizione alla dichiarata posizione scettica della Chiesa, viene chiamato miracoloso e celebrato da un'autorita' quale l'arcivescovo di Napoli, nella cattedrale dove e' il suo seggio. L'ipotesi che proponiamo, infatti, ha il vantaggio di non presupporre, fino a questo punto, la malafede degli officianti. Pero', adesso che esiste una nuova ipotesi, e' lecito aspettarsi che venga presa in considerazione: e non si puo' desiderare una prova meno complicata o rischiosa di quella che basterebbe a controllare questa ipotesi. Se ci si rendesse conto che la spiegazione e' giusta, solo da allora, come spiegheremo poi, sarebbe realmente disonesto proseguire a chiamare miracoloso il rito. Si offrirebbe, anche nel caso che valesse la spiegazione naturale, una perfetta possibilita' di uscire da una situazione che da secoli e' ambigua, in modo dignitoso. Errare humanum est... Questo punto di vista e' d'altronde solo una versione piu' attenuata e meno coinvolta di quello della grande maggioranza delle persone di fede che, secondo la nostra esperienza, vedono con antipatia e con poca indulgenza quelle che ritengono delle manifestazioni di una fede e di una devozione molto male intese. 

La reliquia di San Gennaro


San Gennaro e' una figura non si sa se totalmente, o quasi totalmente leggendaria. Nell'ipotesi piu' favorevole, quella della Chiesa Cattolica dagli anni '60 di questo secolo, quando l'importanza di questo santo nei calendari liturgici e' stata molto diminuita, sarebbe esistito realmente, ma nessun dettaglio della sua vita sarebbe documentato. La tradizione vuole che sia stato ucciso, martire cristiano, nel 305. E' solo mille anni dopo, nel 1389, che si ha la prima notizia di una reliquia che rappresenta il sangue del santo e che passa in modo considerato miracoloso da solida a liquida; mentre vi sono cronache di poco precedenti (1382), con molti dettagli sul culto del martire, nelle quali pero' non compaiono ancora ne' la reliquia ne' il miracolo. Quella di San Gennaro fa dunque parte dello sterminato numero di reliquie comparse nel medioevo. Nel 1300 reliquie definite in maniera che ora e' strabiliante erano incredibilmente diffuse. C'erano fedi nuziali della Madonna, fasce del bambin Gesu', piume dell'arcangelo Gabriele. Va detto che anche in secoli piu' recenti si poteva, a Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, osservare il cartello della Croce, con le scritte in Aramaico, Greco e Latino. Insieme, meta di pellegrinaggio per le persone piu' scettiche da ogni parte del mondo, l'osso proprio del dito che servi' a San Tommaso per controllare la realta' di Gesu' risorto. 

(Indovinate fino a che secolo. Soluzione alla fine.) 

Non e' corretto esaminare la reliquia di Napoli come se non facesse parte, come tutti i prodotti della civilta' umana, di una categoria di oggetti simili, caratteristici di un luogo e di un'epoca. 

Caratteristiche della reliquia


La reliquia consiste in due bottigliette sistemate fra i due vetri della teca rotonda con lunga impugnatura che si vede maneggiare dall'officiante. La parte rotonda con i vetri ha un diametro di circa 12 centimetri. La bottiglietta piu' piccola, cilindrica, ha solo delle macchie al suo interno. E' vuota come ora gia' dal 1575. La bottiglietta maggiore e' tondeggiante, appiattita, dal volume stimato di 60 millilitri ed e' parzialmente riempita della sostanza ignota. L'affermazione di base sulle proprieta' miracolose della sostanza nella bottiglietta e' che sia inconcepibile che una qualunque sostanza cambi ripetutamente da solida a liquida senza una causa evidente. Ancor piu' miracoloso viene considerato il suo comportamento nell'eventualita' che sia autentico sangue. Ma quella che ci sia un'inesplicabile liquefazione di sangue, oppure di una qualunque sostanza naturale, e' solo l'affermazione principale. Come e'assolutamente tipico delle affermazioni sul paranormale, i punti di vista di chi le sostiene non concordano fra loro. Come sempre in questi casi, anche le affermazioni su questo miracolo non sono ben definite, ma piuttosto una gamma che va dall'implausibile, passando per lo strano che incuriosisce, al semplicemente banale: l'unica parte che richiede una spiegazione e' in realta' quella centrale, strana. Anche perche', tipicamente, vale la solita legge sul paranormale: le affermazioni strabilianti si rivelano in genere false o vastamente esagerate, se indagate accuratamente; le affermazioni documentabili non sono mai interessanti. Piu' aumenta il controllo, piu' diminuisce la straordinarieta' dei fenomeni in questione. Ecco quindi una scelta di affermazioni sul miracolo di San Gennaro credute da persone diverse in tempi diversi, sempre considerandole miracolose: 
  • "San Gennnaro fu gettato in una fornace, ma ne usci' illeso." (Ora citata solo come esempio di superstizione medievale. Screditata, non abbiamo cercato di riprodurla. Certo, trattenendo Garlaschelli che se puo', prova.)
  • "'Miracolomanzia': l'osservazione di come e con che velocita' si svolge il miracolo permette di predire il futuro." (Grande favorita dei mezzi d'informazione. Non riprodotta.)
  • "La sostanza, senza scambi con l'esterno, varia di peso. " (Pensiero che le persone con cognizioni di fisica possono a malapena contemplare. Ancora citata perche' alle misurazioni piu' moderne, che non hanno affatto replicato le dubbie testimonianze precedenti, non viene dato nessun rilievo.)
  • "Il miracolo avviene perche'il sangue nell'ampolla viene ricongiunto, quando e'portato vicino al busto aureo e argenteo di San Gennaro, col cranio del santo che vi e' contenuto." (Vicinanza considerata essenziale per molti secoli, ora non lo e'piu'. Ad ogni modo nel busto sono conservati solo polvere d'ossa e piccoli frammenti.)
  • "La sostanza ha consistenza "lapidea" ed e'stata udita da un osservatore sbattere contro le pareti della bottiglia come un solido." (Tutti gli altri la descrivono aderente alle pareti. La nostra e' meno dura della pietra.)
  • "La sostanza cambia di volume." (Osservazioni non riprodotte recentemente. La nostra no. Se e': "sembra cambiare di volume", anche la nostra.)
  • "La sostanza puo' andare in ebollizione." (La nostra no. Se invece: "Si producono bolle e schiuma in superficie", come dicono le cronache recenti, anche la nostra.)
  • "Sulla superficie della massa solida possono restare, come congelate, delle bolle solidificate." (Anche nei nostri campioni.)
  • " La liquefazione avveniva nel 1600 anche capovolgendo la teca e lasciandola ferma, lontano da ogni persona. Dopo un certo tempo, senza essere toccata, la sostanza si staccava dalla parte alta del contenitore e si riversava in basso." (Succede anche a noi: 15 minuti, per esempio.)
  • "Una parte solida puo' permanere, immersa nel liquido. E' detta "globo" e serve per i pronostici." (Riprodotto, ma il nostro non si compromette.)
  • "Del liquido si separa a volte sulla superficie della parte solida." Viene interpretato come la parte sierosa del sangue. (Succede anche a noi; secondo noi e' l'acqua che ci abbiamo messo.)
  • "A qualche persona sembra che il colore non sia sempre lo stesso." (Eccoci al banale: certamente a qualche persona sembra che il colore cambi: e ad altre no. Comunque succede anche a chi osserva la nostra sostanza passare da solida, con un certo spessore, a liquida, con spessori molto piu' sottili sulle pareti del contenitore.)
Altri aspetti della sostanza della reliquia che vengono spesso citati come caratteristici e che i nostri campioni riproducono, sono: la consistenza variamente pastosa della massa in liquefazione e la superficie superiore lucida della sostanza allo stato solido. Fra gli aspetti che viceversa sono caratteristici della nostra sostanza, ma molto difficili da spiegare con l'ipotesi del miracolo, ne spicca uno: il fatto che la liquefazione possa avvenire per le manipolazioni richieste dalla manutenzione della teca. C'e' poi anche il miracolo di Pozzuoli, dove in concomitanza con quello di Napoli o, secondo altri, pochi preveggenti istanti prima, la pietra sulla quale e'stato dimostrato che non e' stato decapitato San Gennaro pare rosseggiare. Naturalmente scegliere fra le presunte osservazioni, spesso in contraddizione fra loro, cercando le piu' attendibili, ha un senso solo se si presume che la reliquia non sia mai stata sostituita durante la sua lunga storia. Non e' niente di piu' che una congettura, ma il fatto e' che se delle sostituzioni sono avvenute non c'e' speranza di trovare una spiegazione ora. Naturalmente in questo caso la frode sarebbe implicita e i miracoli esclusi. 

Altre ipotesi


Per cercare di spiegare le piu' documentate fra quelle affermazioni, cioe' principalmente che la sostanza puo' passare da solida a liquida durante l'esecuzione del rito, sono state proposte, nei secoli, decine di ipotesi. Purtroppo non meritano nemmeno di essere riferite, tranne quella, ancora plausibile anche dopo la nostra proposta, di una sostanza che fonda a temperatura ambiente. Si puo' infatti probabilmente realizzare, anche con materiali medievali, un miscuglio che passi da solido a liquido, cioe' con punto di fusione, a qualunque singola temperatura desiderata nella gamma di quelle presenti nella cattedrale. Questa e' certamente un'ipotesi degna di rispetto ed e' facile da mettere alla prova quanto la nostra ipotesi. In questo caso si dovrebbe solo variare in maniera controllata la temperatura ambiente attorno alla teca, sempre nella gamma di temperature cui e' esposta anche normalmente (o forse: variare la temperatura sul manico e sulla corona, che vengono impugnate, fino a 36 gradi): non c'e'nessuna difficolta' e nessun rischio. Ma, in mancanza di questo esperimento, anche l'ipotesi della fusione non e' riuscita ad imporsi se non come la piu' plausibile: forse per la difficolta' di controllare le temperature necessarie durante il rito, forse perche' si considera che l'ovvieta' del fenomeno della fusione sarebbe apparente a chi l'osserva. Anche le fonti critiche continuano a descrivere il miracolo come "non spiegato dalla scienza" e "non riproducibile". 

L'ipotesi tissotropica


La nostra proposta (Luigi Garlaschelli, Franco Ramaccini, Sergio Della Sala. "Working bloody miracles", Nature, vol. 353, n. 6344, (10 ott. 1991) p. 507 ) si basa sulla tissotropia (o tixotropia; dal greco thikis "l'atto di toccare" e -tropia, qui "trasformazione"), una proprieta' fisica non diffusamente conosciuta, ma nota fin dall'antichita'. I materiali tissotropici diventano piu' fluidi se sottoposti a una sollecitazione meccanica, come piccole scosse o vibrazioni, tornando allo stato precedente se lasciati indisturbati. Un esempio consueto di questa proprieta' e' la salsa ketchup, che se ne sta rappresa senza scendere dalla bottiglia fino a quando delle scosse non la fanno diventare d'un tratto molto piu' liquida, e ne viene fuori troppa. La tissotropia e' impiegata in moltissimi prodotti, come gli inchiostri e le vernici, dove il colore diventa abbastanza fluido quando e' sottoposto a sollecitazione mentre abbandona lo strumento di applicazione e viene steso sul supporto, ma deve scorrere il meno possibile una volta lasciato a riposo. Pur essendo nota da sempre in certi campi, la tissotropia non e' molto conosciuta, nemmeno presso chi si occupa di fisica o di chimica. Un esempio di come sia poco conosciuta e' che due fra i maggiori esperti cattolici sul miracolo di San Gennaro hanno dei passi, nei loro libri, in cui descrivono quanto dovrebbe essere strana una sostanza che imitasse la reliquia: coll'intenzione di dimostrare che sono richieste delle caratteristiche "che la scienza non puo' spiegare", danno in realta', senza saperlo, una definizione della tissotropia. (In questo, di per se', non c'e' naturalmente niente di male e noi siamo i primi ad averla ignorata fino a poco tempo fa.). D'altra parte molti che avranno conosciuto sia la tissotropia sia il miracolo di San Gennaro devono aver pensato, piu' o meno vagamente, ad un possibile collegamento fra i due fenomeni. (Per esempio, come abbiamo poi scoperto, James Randi, che da ragazzo, in Canada, aveva lavorato in una fabbrica di vernici!) Ma e'merito proprio di questa rivista l'aver fatto convergere l'interesse, le cognizioni e lo scetticismo dai quali e' nata una formulazione sufficientemente accurata dell'ipotesi tissotropica, contemporaneamente ad una sostanza che la esemplifica: questa sostanza (una sospensione colloidale di idrossido di ferro in acqua con ioni sodio e cloro) e' stata studiata espressamente per esibire la tissotropia in forma cosi' accentuata da passare, se agitata lievemente, addirittura dallo stato solido a quello liquido, ma, al contempo, per essere realizzabile con i soli mezzi disponibili nel 1300. (Tutta la parte chimica, naturalmente, e' opera di Luigi Garlaschelli.

Sulla frode inconscia


Un vantaggio della spiegazione tissotropica e' quello di essere cosi' adatta all'ipotesi della frode inconscia. E' un dato di fatto che anche solo per accertarsi se la liquefazione e' avvenuta bisogna muovere il recipiente: solo allora si puo' distinguere il comportamento di un solido, che mantiene la sua posizione rispetto al contenitore muovendosi insieme ad esso, ed un liquido, che invece rimane in basso, con la superficie sempre orizzontale. In questa fase critica quindi, necessariamente e indipendentemente dall'intenzione di chi maneggia la reliquia, possono essere presenti le sollecitazioni necessarie per la liquefazione di una sostanza tissotropica. Se anche il celebrante puo' credere il rito miracoloso e non deve fare nulla, coscientemente, per la sua riuscita, non c'e'piu' bisogno di presumere la disonesta' di ogni singolo officiante. La tissotropia e' appunto abbastanza poco conosciuta da permettere ai successivi esecutori del rito il vario grado di autoinganno necessario caso per caso. (Questi sono vantaggi nell'ipotesi lievemente ottimistica che disonesta' ed autoinganno richiedano almeno qualche scusa, e non siano il comportamento normale che ci si debba aspettare attraverso i secoli.). In piu', eliminando il bisogno della malafede, non c'e' piu' il problema di spiegare come sia possibile tenere un simile segreto per 600 anni. Dapprima i movimenti del rito ci erano diventati familiari e, come tutti, li davamo per scontati come quelli giusti per accertare lo stato della reliquia. Ci sembravano contemporaneamente adatti anche a far diventare liquida una sostanza tissotropica e a mantenerla in questo stato. La reliquia viene continuamente capovolta, tanto nella prima fase, quando l'officiante controlla se la liquefazione e' gia' avvenuta, quanto nella seconda, quando la liquidita', ormai accertata, e' mostrata alla folla. Dopo esserci familiarizzati con l'interpretazione tissotropica del rito, e dopo aver maneggiato per qualche mese le bottigliette con la nostra sostanza, abbiamo cominciato a renderci conto che, pensandoci bene, quando si vuole vedere se il contenuto di una bottiglia e' solido o liquido, la si scuote un pochino, o la si inclina leggermente, ma nessuna persona capovolgerebbe completamente la bottiglia: non per controllare lei stessa, ne' per mostrare ad un'altra che contiene un liquido (sarebbe un gesto plausibile, invece, per mostrare che il contenuto e' solido). I movimenti rituali che ci sono stati tramandati dalla tradizione cominciavano in fin dei conti ad assomigliare di piu' a quelli giusti per liquefare e mantenere liquida una sostanza tissotropica. Sembrava sempre piu' un trucco molto ben studiato per funzionare automaticamente, da solo. 

Non un'accusa, ma la possibilita' di un'onorevole via d'uscita.


Ecco dunque un punto essenziale di questa ipotesi, che viene sempre ignorato o travisato dai mezzi d'informazione. Lungi dal porre l'accento sulle responsabilita' della Chiesa nel partecipare ad un possibile inganno (responsabilita' che peraltro ci sono) l'ipotesi tissotropica e' proprio basata sul fatto che la frode, se c'e' stata, e' stata fino ad ora in gran parte involontaria. Se con un controllo davvero elementare, cioe'scuotendo lievemente l'ampolla, l'ipotesi tissotropica venisse avvalorata, basterebbe ammettere l'errore passato, per salvare la faccia futura. 

C'e' del sangue?


Quanto all'inizio di questa possibile frode inconscia, c'e' fra noi una certa gamma di opinioni diverse. Alcuni, tenendo presente l'incredibile assurdita' (non si puo' nemmeno parlare di "falsita'") delle reliquie cristiane del XIV secolo, non hanno esitazioni ad attribuire la creazione della reliquia a persone competenti preoccupate unicamente di ottenere il giusto effetto sorprendente, usando soltanto le materie piu' adatte. Non capiscono cosa c'entri il sangue e trovano che tanto il cercarne le tracce quanto le spettroscopie considerate rivelatrici, siano iniziative infondate e fallaci. Altri preferiscono tenere aperta anche la possibilita' che del sangue, forse originale, forse aggiunto piu' tardi, faccia parte del contenuto dell'ampolla, magari in proporzione minima. In questo modo, oltre alla creazione di un falso medievale partendo da un'autentica reliquia, resta aperta anche la possibilita' dell'insorgere fortuito della tissotropia per la contaminazione casuale del sangue con altre sostanze. I risultati di quella spettroscopia non sono stati sottoposti al giudizio di referee di una rivista scientifica; la loro qualita', nella piu' favorevole delle ipotesi, richiede troppo il contributo dell'interpretazione di chi li osserva, per costituire un argomento convincente. Inesplicabilmente e' stato impiegato uno spettrometro a prisma, invece di un moderno spettrometro elettronico. Piu' spettri, ottenuti a qualche minuto di distanza l'uno dall'altro vengono interpretati come rivelatori ognuno di un diverso derivato dell'emoglobina, e spiegati con un miracolo in progresso, mentre, si noti bene, la sostanza era da tempo in fase liquida, e non in liquefazione. Ad altri osservatori lo spettro fotografato sembra sempre uguale, ma di cattiva qualita'. Il fatto che una prova iniziata per dare un risultato fornisca invece risultati giudicati diversi fra loro ma favorevoli suggerisce inevitabilmente che l'interpretazione vi giochi un ruolo preponderante. E' difficile valutare quanto alcune circostanze costituiscano un buon argomento a favore dell'ipotesi tissotropica, o quanto invece siano coincidenze non significative: 

Molisite sul Vesuvio 

Tre dei quattro ingredienti della nostra ricetta sono di uso quotidiano: il carbonato di calcio, presente ovunque, per esempio nei gusci d'uovo, che ne sono una fonte pura al 93.7%; il sale comune; l'acqua. Il quarto e' il cloruro ferrico. In un primo momento pensavamo che il cloruro ferrico non fosse presente in natura, e stavamo cercando un modo facile per produrlo da sostanze note nel medioevo. Ma poi abbiamo trovato nelle enciclopedie chimiche che c'era un singolo sale ferrico presente in natura, ed era proprio il cloruro ferrico: si trovava, sotto forma del minerale molisite, "sul Vesuvio o su altri vulcani attivi". Difficile dire se e' una coincidenza, ma certamente sembrava scritto apposta per noi. Potrebbe perfino spiegare la strana concentrazione nell'area Napoletana delle reliquie di sangue miracoloso che e' stata varie volte notata, ma mai spiegata. Sul comportamento di queste altre reliquie, comunque, c'e' ben poco di documentabile; nel complesso non sembra che funzionino. Uno di noi (Garlaschelli) e' andato ad assistere, nel 1991, anche al rito di Santa Patrizia, che dovrebbe essere il piu' interessante: si e' rivelato una completa delusione. 

Senza aggiunta di coloranti 

La nostra sostanza e' del colore giusto, non c'e' bisogno di aggiungere alcun pigmento. La rende questo forse una candidata migliore, visto che il suo stesso aspetto puo' averne suggerito l'uso disonesto? Infine l'ipotesi tissotropica non esclude l'influenza delle variazioni di temperatura sulle irregolarita' di comportamento della reliquia. 

Anacronismo?


Per ottenere un prodotto puro, che si comporti in modo piu' regolare, abbiamo usato la dialisi. Se e' certamente vero che la dialisi, compresa nel suo vero significato, e' un procedimento del 1800, essa e' pur sempre solo un filtraggio attraverso pori estremamente piccoli, come quelli della pergamena o dei budelli. Tutta la procedura necessaria, effettivamente, ha un sapore da bottega d'arte del 1300. Li' si potevano trovare i colori tenuti in budelli, o la pratica di aggiungere una base, spesso carbonato di calcio, ai pigmenti. Il nostro composto, se calcinato, coinciderebbe col pigmento caput mortuum (Fe2O3). Il fatto che vedendo funzionare il nostro composto venga la curiosita' di sapere se quello della reliquia sia proprio la stessa sostanza e' certamente un segno incoraggiante per chi si e' adoperato per avvicinarvisi il piu' possibile, ma lo spirito della nostra indagine non e' stato certo quello di indovinare esattamente la composizione della sostanza nell'ampolla. L'aver replicato i comportamenti piu' documentati della reliquia serve a dimostrare che e' possibile farlo, e che era possibile anche all'epoca della sua comparsa. Ora non si dovrebbe piu' poter affermare che il suo comportamento non e' riproducibile con normali metodi fisici o che la scienza non puo' spiegarlo. Anzi, prendere in considerazione l'ipotesi tissotropica potrebbe essere per la Chiesa un pretesto per riconsiderare un atteggiamento che forse e' restato arretrato di secoli rispetto alla sensibilita' di chi crede. La stampa ha concesso a quest'idea uno spazio soddisfacente, comprese la seconda pagina del Times di Londra e le prime pagine dei quotidiani nazionali; perche'solo L'Osservatore Romano ci ha deluso, tacendo sempre? La Congregazione per le cause dei santi non ha forse il compito di assicurarsi di quell'autenticita' delle reliquie che e' considerata essenziale dopo il Concilio Vaticano II ? Perche'non dovrebbe esserci nell'organizzazione ecclesiastica qualche persona che desidera chiarire quella che si trascina come una posizione ambigua? Una scossettina, per mettersi in pace la coscienza. 
Io credo nei miracoli 
 
Secondo la leggenda, il sangue di San Gennaro si sarebbe liquefatto per la prima volta nel IV sec. d.C. durante il trasferimento a Napoli delle spoglie del santo da parte del vescovo Severo (secondo altri il vescovo Cosimo). Storicamente, la prima notizia documentata dell'ampolla contenente la presunta reliquia del sangue di San Gennaro risale soltanto al 1389. Il Chronicon Siculum racconta che durante le manifestazioni per la festa dell'Assunta vi fu l'esposizione pubblica delle ampolle contenenti il cosiddetto "sangue di San Gennaro" e il 17 agosto, durante la processione, il liquido conservato nell'ampolla si era liquefatto "come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo".
Attualmente le due ampolle sono conservate nel Duomo di Napoli: una è riempita per tre quarti, mentre l'altra è semivuota poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone che lo portò con sé in Spagna. Il fenomeno della liquefazione è invocato tre volte l'anno (il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre e per tutta l'ottava delle celebrazioni in onore del patrono, e il 16 dicembre), durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall'arcivescovo. Per sottolineare come la religione possa fondersi con la superstizione popolare, la liquefazione durante la cerimonia è ritenuta foriera di buoni auspici per la città; al contrario, la mancata liquefazione è vista come cattivo presagio per la città.
Il miracolo di San Gennaro non può essere spiegato con la fede perché, se così fosse, allora non si capisce perché non credere a fenomeni analoghi di altre religioni.
La stessa Chiesa è scettica, ma fa di tutto per non mostrare il proprio scetticismo perdurando in un atteggiamento ambiguo: lascia credere ai carenti di spirito critico che si tratti di miracolo, ma non lo fa quando parla con gli scienziati!
Con il concilio Vaticano II la Chiesa (che ha sempre rifiutato di acconsentire al prelievo del liquido sostenendo che un'analisi invasiva potrebbe danneggiare sia le ampolle sia il liquido) decise di togliere dal calendario alcuni santi, San Gennaro compreso; poiché vi furono forti resistenze popolari, decise di mantenere il culto della reliquia del santo, precisando che lo scioglimento del sangue di San Gennaro non era un miracolo, ma piuttosto un fatto mirabolante ritenuto prodigioso dalla popolazione.
In realtà di mirabolante non c'è nulla. La spiegazione fisica più semplice è quella della tissotropia:
i materiali tissotropici diventano più fluidi se sottoposti a una sollecitazione meccanica, come piccole scosse o vibrazioni, tornando allo stato precedente se lasciati indisturbati.
miracolo di San GennarioUn esempio di questa proprietà è la salsa ketchup che si può mostrare in uno stato quasi solido finché, scossa, non diventa improvvisamente molto più liquida.
Tre scienziati italiani, Garlaschelli, Ramaccini e Della Sala hanno riprodotto una sospensione avente un comportamento tissotropico molto simile al fluido contenuto nella teca di San Gennaro. Il loro lavoro è stato pubblicato suNature (A Thixotropic mixture like the blood of Saint Januarius, "Nature", vol.353, 10 oct 1991).
Ognuno può stupire gli amici con il trucco dei tre ricercatori (che peraltro hanno usato sostanze reperibili all'epoca, fine XIV sec.). Con cloruro ferrico (sotto forma di molisite, un minerale tipico delle zone vulcaniche e quindi presente anche sul Vesuvio), carbonato di calcio (i gusci d'uovo sono fatti per circa il 94% di carbonato di calcio), cloruro di sodio (il comune sale da cucina) e acqua, è possibile ottenere una soluzione colloidale di colore rosso che ha proprietà tissotropiche.
La banale domanda del perché il sangue alcune volte non si sia liquefatto è rigettata dalle proprietà stesse dei materiali tissotropici: basta agitare la soluzione delicatamente e non c'è liquefazione (del resto, il sangue di San Gennaro si è liquefatto anche al di fuori dei periodi previsti, probabilmente a causa di manipolazioni non delicate).
Un'obiezione più sensata si basa sulla diffusione della notizia secondo la quale il gel dei tre ricercatori non avrebbe più proprietà tissotropiche dopo 2 anni. La scarsa consistenza logica dei sostenitori del miracolo ha fatto gridare che questa sarebbe la prova più lampante che di miracolo trattasi (il solito errore: non so spiegarmi un fenomeno, allora è sicuramenteun miracolo divino). Come ha rilevato Garlaschelli, alcuni campioni del suo gel durano dieci anni, altri molto meno:

Ma del resto, mi sono anche preoccupato poco, addirittura, di sigillare in modo perfetto i miei boccettini. Immagino che i gel tissotropici siano intrinsecamente instabili, e che piccole variazioni nelle condizioni di preparazione possano influire sul risultato finale.  Penso alle concentrazioni dei reagenti, al tempo impiegato per mescolarli, alla dialisi, ecc. Forse, preparando cento campioni in condizioni lievemente diverse per ognuno, e poi essendo moooolto pazienti, si capirebbe quali campioni siano più duraturi.
 
Il punto è che la spiegazione scientifica del miracolo di San Gennaro esiste e si chiama tissotropia. Come giustamente ha osservato Garlaschelli, è del tutto inutile perdere anni di studi per trovare un gel che resista 100, 1.000 anni anziché 10. Per convincersene basta ricordare i celebri violini di Stradivari o Guarneri: nessuno ragionevolmente sostiene che sono opera di Dio solo perché non si conosce perfettamente il processo di lavorazione e le sostanze utilizzate per proteggere il legno (alcune indicazioni furono date da Nagyvary nel 2009).

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