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mercoledì 26 febbraio 2014

Nuova ricerca su meteorite marziano riaccende il dibattito della vita su Marte


Il sogno della comunità scientifica che studia il pianeta Marte è riuscire a mettere le mani su campioni della superficie, così da poter eseguire analisi chimiche che sarebbero altrimenti troppo complesse da fare in remoto, con un lander o un rover. 
Questi studi potrebbero rispondere a molte delle più grandi domande in merito alla vita sul pianeta rosso. Una su tutte: c'è o c'è mai stata vita su Marte? In attesa di ulteriori studi approfonditi e di future missioni in grado di portare campioni freschi sulla Terra, gli scienziati cercano di estrapolare il meglio dai campioni marziani che già abbiamo a disposizione: gli antichi meteoriti provenienti da Marte, ritrovati nel tempo in varie parti del mondo. Una nuova ricerca, eseguita su un pezzetto di meteorite chiamato Yamato 000593, trovato nel 2000 in Antartide da un team giapponese, ha portato alla scoperta di alcune somiglianze con rocce terrestri alterate da forme di vita. Ma andiamo con ordine:

La ricerca è stata seguita da Everett Gibson, ricercatore del Johnson Space Center, della NASA. "Non stiamo dicendo che abbiamo trovato vita su Marte." spiega Gibson. "Siamo però convinti che questo sia un altro importante momento sulla strada che ci porta alla risposta."
Gibson e i suo colleghi hanno dimostrato che la formazione della roccia risale a circa 1.3 miliardi di anni fa, ed è stata attivamente alterata dall'interazione con acqua su Marte. Gli scienziati spiegano che la roccia è stata lanciata nello spazio da un violento impatto, ed è precipitata sulla Terra negli ultimi 10.000 anni.
Fotografia al microscopio che mostra diverse bande di minerali all'interno del meteorite marziano Yamato. Notate i micro-tunnel che i ricercatori pensano possano essere prodotti da erosione per colpa di microbi.

Nel recente numero del giornale Astrobiology, un team di ricercatori guidato da Lauren White, del Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha descritto la presenza di microscopici tunnel che sono presenti nella struttura interiore del meteorite, insieme a minerali ricchi di carbonio incastrati tra gli strati rocciosi.
Il team ha spiegato che queste strutture sono molto suggestive perché "Se il meteorite fosse un campione preso dal fondo degli oceani della Terra, diremmo che contiene prove evidenti che c'è stata attività microbica che divorava parti della roccia" ha spiegato Gibson. I ricercatori sottolineano poi che questo non significa che c'è vita su Marte, e ci sono molte spiegazioni alternative a questi pattern, che non coinvolgono la vita. Tuttavia, spiegano anche che è intrigante notare queste similitudini strutturali e di composizione in rocce provenienti da due mondi così diversi.
Il cerchio rosso indica una zona con piccole sfere più ricche di carbonio. Il cerchio blu indica una zona senza carbonio.

Si attende la revisione scientifica e la risposta da parte del resto della comunità di astrobiologi e geologi planetari, ma le similitudini non sembrano molto forti. Data l'eccezionalità della tesi, comunque, non sarà facile rispondere a tutte le alternative spiegazioni. "Non penso che la comunità scientifica troverà queste "similitudini strutturali e di composizione" abbastanza convincenti da far pensare ad un'origine biologica" ha spiegato Chris McKay, astrobiologo presso il Centro di Ricerca Ames, della NASA.
Gibson ha riconosciuto che saranno alzate molte critiche, ma ha anche aggiunto che è questo il bello del processo scientifico. Lui e i suoi colleghi stanno continuando le ricerche con altre analisi chimiche più approfondite. "Dobbiamo fare un altro passo avanti, aprire ed entrare all'interno di queste molecole di carbonio" ha spiegato Gibson.
Nel frattempo, sulla superficie di Marte, i rover Opportunity e Curiosity stanno analizzando la geologia del pianeta per cercare di capire esattamente quando e per quanto tempo Marte è rimasta abitabile, e qual'era la composizione dell'acqua e dell'ambiente presente quando si pensa che potrebbe essersi formata la vita. La speranza è di riuscire a trovare presto tracce di molecole organiche complesse. Sulla Terra invece, gli scienziati già lavorano a come costruire una missione che riporti sulla Terra campioni da Marte.
"Fino ad allora, dobbiamo usare il meglio di quello che abbiamo" spiega Gibson, "e cioè i meteoriti provenienti da Marte."


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