Da qualche giorno è in onda uno spot sulle reti Rai per la campagna di informazione sulla Banca dati del Dna, in programmazione fino al 13 febbraio.
La Banca, in analogia a quelle già attive in altri Paesi dell’Unione Europea, è una struttura che nei progetti fornirà materiali da utilizzare per l’identificazione di autori di reati o di vittime di sinistri. L’obiettivo, sottolinea il Comitato, ”è quello di illustrare i vantaggi in termini di sicurezza per il cittadino, in un’ottica di prevenzione e repressione del crimine, ma anche di concreto vantaggio per chi è innocente e può essere scagionato grazie a queste tecnologie”.
La Banca dati nazionale del Dna è istituita presso il Ministero dell’Interno e raccoglierà i profili del Dna di tutti i cittadini italiani che avranno compiuto il 18° anno di età.
Dal 01/01/2015 ogni persona in possesso della cittadinanza italiana o residente da più di dieci anni nel territorio italiano, sarà obbligato a fornire il proprio DNA al laboratorio ASL della Provincia di appartenenza, pena esclusione dalle liste elettorali, multa dai 1.000 ai 5.000 euro e perdita della cittadinanza. Il dibattito è aperto sulle questioni concernenti la libertà e la privacy dei cittadini. Sta di fatto che con l’ausilio di questi strumenti si sono risolti casi oramai dati per chiusi. Un esempio, il caso di Elisa Claps.
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