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martedì 13 novembre 2012

Creata la pelle artificiale che si auto-ripara

Creata la pelle artificiale che si auto-ripara

Può la pelle auto-ripararsi? Questa possibilità, prima considerata improbabile, è ormai vicina. Un team di ricercatori di Stanford è riuscito a creare una pelle artificiale in grado di rimettersi in sesto da sola.
I ricercatori sono riusciti a combinare le due proprietà che rendono la nostra pelle così speciale, ossia la capacità di trasmettere informazioni precise al cervello legate non solo al tatto ma anche alla temperatura e la capacità di guarire ‘velocemente’. Partendo da tali presupposti, gli scienziati di Stanford guidati dal professore di chimica Zhenan Bao hanno tentato di creare un materiale capace di somigliare alla nostra pelle, migliorandola.
E Bao ha usato due ‘ingredienti’ per ottenere ciò che definito “il meglio dei due mondi”: la capacità di ‘auto-guarigione’ di un polimero di plastica e la conduttività di un metallo. Hanno iniziato così a creare una plastica costituita da lunghe catene di molecole unite da legami idrogeno, con attrazioni relativamente deboli tra la regione dotata carica positiva di un atomo e la regione con carica negativa del successivo.
“Questi legami dinamici consentono al materiale di auto-guarirsi” ha detto Wang Chao, un co-autore della ricerca. Le molecole si rompono facilmente, ma poi, quando si riconnettenno, i legami si riorganizzano e ripristinare la struttura del materiale. Il risultato è un materiale flessibile, che anche a temperatura ambiente è elastico e su scala nanometrica ruvido.
“La maggior parte dei materiali plastici sono buoni isolanti, ma questo è un ottimo conduttore,” spiega Bao. Negli ultimi dieci anni, spiegano gli esperti che ci sono stati importanti progressi nella creazione della pelle sintetica, ma anche i più efficaci materiali capaci di autoripararsi presentavano comunque dei limiti: alcuni dovevano essere esposti a temperature elevate, e ciò li rendeva poco pratici per un uso quotidiano; altri potevano autoripararsi a temperatura ambiente, ma solo in presenza di alcune condizioni alla struttura meccanica o chimica.
Il passo successivo compiuto dagli scienziati è stato quello di vedere come il materiale avrebbe potuto ripristinare sia la sua resistenza meccanica sia la sua conducibilità elettrica dopo un danno. I ricercatori hanno preso una sottile striscia di materiale e lo hanno tagliato a metà con un bisturi. Dopo una leggera pressione sui pezzi per qualche secondo, i ricercatori hanno notato che il materiale aveva riacquistato il 75 per cento della sua conducibilità elettrica originale, arrivando al 100 per cento in circa 30 minuti. “Anche la pelle umana necessita di giorni per guarire”, spiegano.
La natura composita del materiale ha dato origine ad una nuova sfida per la squadra di ingegneri di Stanford. Bao e i suoi collaboratori hanno scoperto che, sebbene il nichel sia stato fondamentale per rendere il materiale resistente e conduttore, ha anche favorito il processo di guarigione.
A cosa potrebbe servire? Potrebbe essere utilizzato come sensore. Il materiale è abbastanza sensibile da rilevare la pressione di una stretta di mano. Potrebbe, quindi, essere utilizzato nelle protesi. Ma potrebbe anche essere usato nelle apparecchiature elettriche, che non avrebbero più necessità di riparazioni, ma anche in luoghi difficili da raggiungere, come l’interno della pareti di edifici o nei veicoli. Il prossimo obiettivo degli scienziati è quello di rendere il materiale ancora più elastico e trasparente, in modo che possa essere adatto anche a dispositivi elettronici e schermi.
Gli smartphone del futuro si ripareranno da soli?
Francesca Mancuso


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