Così si formano i getti delle nebulose
Due ricercatori dell’Università di Rochester hanno studiato l’evoluzione delle nebulose planetarie e l’origine dei doppi getti di polveri e gas che le formano. Scoprendo che la perdita della forma sferica è dovuta all’interazione tra due stelle o tra una stella e un pianeta. I risultati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Sono dei veri e propri quadri nello spazio: le nebulose planetarie, spettacolari manifestazioni dell’ultima fase della vita di alcune stelle, attirano da sempre l’attenzione degli astronomi.
Le prime immagini avevano fatto pensare a involucri incandescenti di gas con forma sferica, ma recenti osservazioni hanno invece dimostrato che spesso le nebulose emettono potenti doppi getti di polveri. Una forma piuttosto insolita, se si pensa che il punto di partenza è la sfera per eccellenza, una stella: com’è possibile che un oggetto celeste assuma questa strana conformazione?
Due ricercatori dell’Università di Rochester, New York, hanno appena trovato la risposta. Soltanto due oggetti che interagiscono fortemente tra loro, come un sistema di stelle binarie o una stella e un pianeta molto grande, possono produrre questi potenti getti fatti di polveri e gas.
Quando le stelle più piccole finiscono la riserva di idrogeno, cominciano a espandersi ed entrano a far parte del cosiddetto Ramo asintotico delle Giganti (o AGB, da Asymptotic Giant Branch).
Si tratta di una regione del diagramma H-R (Hertzsprung-Russell, dai nomi dei due astronomi che indipendentemente lo idearono all’inizio del ‘900) popolata da stelle che evolvono da dimensioni piccole a medie. Un processo non proprio brevissimo: in media questa fase dura 100.000 anni. A un certo punto le stelle AGB, che fino a questo momento avevano mantenuto la forma sferica, diventano nebulose “pre-planetarie”.
Secondo Eric Blackman e Scott Lucchini, autori dell’articolo apparso su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, il doppio getto di gas che si forma in questo stadio dipende proprio dal fatto che in partenza non c’era una stella sola ma un sistema di due stelle. Che con la reciproca, potentissima attrazione si scambiano materiale, dando vita a una formazione chiamata disco di accrescimento.
Studiando le nebulose pre-planetarie e planetarie, Blackman e Lucchini hanno capito che il trasferimento di massa da una stella all’altra provoca la diminuzione di energia gravitazionale, che si trasforma in energia cinetica e fa perdere al sistema binario la forma sferica. Ecco quindi che il processo di accrescimento può essere considerato il vero e proprio motore dei due getti sprigionati dalle nebulose.
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